R.M.S. TITANIC Liverpool
titanic01.jpg (36928 byte)

Appuntamento col destino...

 Siamo nel nord Atlantico, 41 gradi di latitudine nord, 50 gradi di longitudine ovest. Sull'orizzonte il nero della notte senza luna è indistinguibile dal nero del mare, calmo come l'olio. In questo punto dell'oceano le acque gelide spumeggiano.
E' l'enorme risucchio del Titanic, che si è appena inabissato.
Sono le 2 e 20 di notte del 15 Aprile 1912. La scena l'abbiamo vista in tantissimi.
Milioni di persone in tutto il mondo sono corse al cinema a emozionarsi davanti alle splendide riprese di James Cameron, autore del film che è stato il grande protagonista della notte degli oscar.
Pochi sanno che molti personaggi del kolossal sono uomini e donne veramente esistiti. Immaginiamo allora che non sia solo spettacolo.
Pensiamo di essere li, assieme a loro in quella notte di aprile di 87 anni fa. Torniamo indietro di due minuti esatti. Sono passate appena due ore e mezzo da quando un iceberg ha squarciato il fianco destro dello scafo.
La prua è ormai piena d'acqua, è completamente sommersa, col suo peso fa leva su tutta la nave. Una forza enorme. Scricchiolii e rumori fortissimi. Ed alle 2 e18, lo schianto !
Il Titanic, un gigante di 270 metri di lunghezza, si spezza in due come nulla fosse.
La parte anteriore si stacca, e va a fondo, portando con se le prime vittime.
Il capitano inglese Edward John Smith, rimane in piedi davanti al timone, inebetito dall'acqua che sfonda i vetri della plancia di comando. Forse si rimprovera di avere poco considerato i messaggi che preannunciavano la presenza di iceberg.
Si chiede forse perchè gli sia toccata una sorte così immeritata, a ben 62 anni, proprio in quella traversata che doveva chiudere in bellezza la sua decennale carriera. "Il capitano dei miliardari", era chiamavato, perchè era idolatrato e ammirato dai ricchissimi passeggeri. Pensa alla loro fiducia tradita e a tutti i passeggeri della 2ª e 3ª classe che non ha mai potuto conoscere.
Ma c'è poco tempo per pensare, una frazione di secondo e l'acqua spazza via dal ponte il capitano e l'intera cabina.
Rimarrà solo il telemotore, il pesante meccanismo di bronzo del timone.
All'esterno in una delle panchine del ponte di comando, ci sono Isidor e la moglie Ida Straus, 67 anni lui miliardario newyorkese, nato da un povero emigrante tedesco, proprietario di Macy's, uno tra i più grandi negozi del mondo, allora noto per la sua ricchezza e generosità. Lei ha 63 anni , sua moglie adorata. La chiama "mammina", e lei ricambia con "paparino". Si vogliono bene ancora tantissimo. E sono talmente uniti che fanno festa insieme per ogni compleanno. "Prima le donne e i bambini", già urlano gli ufficiali che riempiono le scialuppe di salvataggio. Ida è una passeggera di 1ª classe, e ha il posto sicuro in scialuppa.
La fanno scendere nella numero 8, ma poi all'ultimo vuole risalire a bordo e convince la fedele cameriera che vorrebbe risalire con lei a restare nella scialuppa. "Pensa a salvarti", le ordina regalandole la pelliccia. "Abbiamo vissuto insieme", dice al marito commosso, "insieme moriremo", sono ancora abbracciati stretti sulla panchina quando l'acqua li porta via.
Il mare non fa differenze di ceto e status sociale, e inghiotte tutto e tutti, ricchi e diseredati, letti eleganti e semplici cuccette. Anche la palestra sul ponte di comando, dove alcuni inamovibili gentlemen vanno a fondo correndo sulla cyclette.
Al livello inferiore, il ponte A, con la sala di lettura e il sontuoso scalone coperto da una cupola di vetro che è il cuore della 1ª classe. Le stupende suite dei ponti B e C, con tanto di salotto, doppio guardaroba, doppio bagno e balcone privato: chi le ha volute ha sborsato per il viaggio l'equivalente di 90 milioni odierni. Il ponte D, dove lo squarcio si apre propio tra il grandioso ristorante di 1ª, le cucine e la grandiosa e fornita dispensa. Dodicimila piatti di porcellana e altrettanti bicchieri cristallo se ne vanno in mare insieme a migliaia di bottiglie di birra vino e champagne. Il livello E, con le cabine dell'equipaggio.
Il livello F, la zona dei passeggeri di 3ª classe, pochi dei quali riescono a raggiungere il ponte e a salire su una scialuppa.
Tanti non ci provano neanche, sanno che i posti disponibili sono la metà di quelli che servirebbero, e che non sono certo per loro.
Perciò si chiudono in cabina ed aspettano la fine. Un gruppo di Irlandesi recita il rosario nel refettorio.
Alfred Davies, 24 anni, manovale inglese, pensa alla ragazza che ha sposato il giorno prima la partenza, alla loro prima e unica notte di insieme.
Più sotto, nella sala macchine, gli operai fino all'ultimo buttano palate di carbone nelle caldaie, per tenere accese le luci della nave e nella vana speranza di attirare soccorsi. L'enorme nave viaggia come una grande bara verso il fondale a 40 chilometri orari, il pezzo ancora a galla, la metà posteriore, si inclina paurosamente con la poppa verso l'alto.
Poi si inabbissa, quasi in verticale, nel mezzo di una pioggia di corpi e pezzi di metallo che vanno a finire in acqua per raggiungere pian piano il resto della nave.

titanic03.jpg (26829 byte)

Le tre immense eliche che spingevano il Titanic.
 
 Una ciminiera stritola John J. Astor, 47 anni, il più ricco a bordo, è erede di una famiglia che ha fatto fortuna col traffico di pelliccie.
New York l'ha ostracizzato quando ha divorziato dalla moglie per risposare, un anno fa una ragazza diciottenne di nome Madeleine.
Per sfuggire ai pettegolezzi l'ha portata in luna di miele in Europa e in Egitto. Ora tornando a casa perchè lei è incinta e vogliono che il bimbo nasca in America.
Nascerà e si chiamerà John Jacob come il padre che non potrà mai vedere. Astor è un gentiluomo e non cerca di usare i suoi soldi per comprare la salvezza. Una volta calata Madeleine nella scialuppa, accende una sigaretta e la saluta gettandole i guanti come ricordo. Verrà ritrovato ammaccato e sporco di fuligine, con in tasca un rotolo di banconote, l'equivalente di 80 milioni odierni.
Muore con onore un altro ereditiero, il playboy Benjamin Guggheneim. La moglie lo aspetta a New York, lui viaggia con la solilta amante.
Si preoccupa di mettere in salvo la ragazza, e poi con il maggiordomo, scende alla cabina del ponte B e indossa il frac: «C'è ne andremo come gentlemen». Poi si mette tranquillo e aspetta la fine fumando sigari e sorseggiando brandy.
Il violinista Wallace Hartley, con la sua orchestrina suona sul ponte fino a quando riesce a stare in piedi. Terminato l'ultimo brano, un inno religioso, annega con tutti i musicisti.
Sono le 2.20 quando la poppa se ne va a fondo.
Chi non ha salvagente annega quasi subito. Non si può sopravvivere a lungo nell'acqua freddissima. Le urla terribili dei naufraghi diventano sempre più deboli. Intorno le venti scialuppe di salvataggio sono semivuote: per non far star scomode le "signore" di 1ª classe sono state sacrificate centinaia di vite.
Nella scialuppa 6, che può portare 65 passeggeri ce ne sono meno della metà, Molly Brown è arrabbiata e indignata. E' una donna molto ricchia, però conosce la povertà, è nata in una misera baracca del Missouri, ed è andata a Ovest a cercare fortuna avendo la fortuna di sposare un tizio che ha poi scoperto una miniera d'oro. In acqua, lo sa benissimo, potrebbe esserci lei al posto di quei disgraziati. "Andiamo ad aiutarli", chiede e implora, "salviamone qualcuno".
Il marinaio non ne vuol far nulla, ma poi alla fine deve cedere. Più tardi le da anche della pazza quando lei sostiene di avere visto un razzo di segnalazione. Ma ancora una volta è Molly ad averla vinta.
Minaccia di gettarlo in mare, prende il comando della scialuppa ed ordina alle ricche signore di remare in direzione della luce. Riescono così a trovare la nave Carpathia, accorsa a salvare i superstiti.
Ben diverso l'atteggiamento della lady inglese Lucy Duff Gordon, ricca propietaria di una casa di moda. Seduta nella scialuppa 1, è una delle pochissime che hanno con se il marito, Sir Cosmo Duff Gordon. Dovrebbe essere grata al destino e invece mostra un egoismo impressionante. Pur di star comoda, insiste per far partire la scialuppa con solo 12 persone. Proibisce ai marinai di tornare a salvare i naufraghi. Quando vede affondare la nave ha l'insensibilità di dire alla sua dama di compagnia: "Peccato per il tuo vestito nuovo". La sua reputazione e quella dei Duff Gordon ne esce distrutta. Lucy dichiarerà il fallimento prima di morire in solitudine.
Stessa sorte per Bruce Ismay, titolare della compagnia propietaria del Titanic, la White Star. E' stato lui con la sua idea di battere il record di velocità, a insistere per spingere al massimo la nave. Invece di sentirsi in colpa pensa alla propia pelle e, approfittando di un attimo di caos, salta su una scialuppa destinata alle donne. Lascia morire, tra gli altri, anche il suo fedele maggiordomo, padre di tre figli.
Le commisioni di inchiesta lo giudicheranno innocente. Ma passerà alla storia come un vigliacco. Ci sono tante vedove tra i 705 supestiti che il Carpathia imbarca all'alba. Nellie Widener, ricca signora di Philadelphia, ha perso nel naufragio il marito George e il figlio Harry. Le è rimasto il collier di perle naturali che George ha recuperato in cabina e le ha buttato nella scialuppa all'ultimo minuto.
E' l'oggetto più prezioso a bordo: oggi potrebbe valere circa 40 miliardi. Kate Philips, diciannovenne inglese, ha perso Samuel Morley, l'uomo sposato con cui fuggiva in America per rifarsi una vita; nove mesi più tardi partorirà una bimba concepita durante il viaggio fatale.
Avrà un "figlio del Titanic" anche Mary Marvin, che era sulla nave in viaggio di nozze con il marito Daniel.

titanic13.jpg (36609 byte)
Salone Ristorante della prima classe
 Pochissimi passeggeri vengono ripescati vivi dall'acqua. Tra di loro Charles Joughin, il pasticciere di bordo, che è ubriaco fradicio e per questo si salva dall'assideramento. I cadaveri tenuti a galla dai giubotti salvagente verranno recuperati nei giorni successivi. Gli altri scendono lentamente a raggiungere la nave, negli abissi oscuri, a 4 mila metri di profondità, dove il troncone di prua si è incastrato nella melma, quasi intatto. Un chilometro più in la, i resti del troncone di poppa. Tutto intorno rottami e masserizie. Da qualche parte deve nascondersi anche l'unico vero tesoro della nave, un antichissimo manoscritto persiano con la copertina in pelle tempestata da mille pietre preziose. Quanti morti? Almeno 1500, forse 1520: non esiste una lista sicura e completa dei passeggeri. Recuperare i resti, d'altra parte, è impensabile. Carne, ossa, vestiti: tutto è stato divorato da pesci e crostacei, corroso dall'acqua salata, distrutto dall'enorme pressione, consumato dai microrganismi. Resistono solo le scarpe realizzate con certi tipi di cuoio. Sono scomparsi anche i rivestimenti di legno, gli arredi, i tappeti. A qualche anno dal disastro, del Titanic restava solo uno scheletro metallico perso in fondo agli abissi. E destinato, così pareva, a non essere più visto dall'occhio umano. Ma quel dinosauro d'acciaio, che alle 2.20 del 15 aprile 1912 s'era adagiato per il riposo eterno a circa 4000 metri di profondità e a 926 chilometri dalla costa atlantica del Newfoundland, e che per molti era stato l'inferno, per un uomo divenne un sogno: localizzare il Titanic. La sua impresa merita di essere annoverata nei libri di storia. Quel sogno Robert Ballard, oggi 55enne, riusciva a intravvederlo a poca distanza dall'ufficio, posto sulla stessa costa atlantica degli Stati Uniti dove il Titanic avrebbe dovuto approdare: «Era l'esplorazione più vicina alla nostra base, era l'avventura a due passi da casa». Laureato in geologia, Ballard inseguiva la legenda del più celebre relitto del mondo dai laboratori della Woods Hole Oceanographic Institution, nel Massaschussets. Woods Hole appare al visitatore come un villaggio sonnolento che d'inverno supera di poco i mille abitanti. Durante l'estate, quando le auto si mettono in fila ad attendere i traghetti diretti a Nantucket o a Vineyard, il numero dei turisti supera quello dei residenti. Qui nel 1930 un gruppo di oceanografi aveva fondato il centro studi. Per anni in quella comunità scientifica il nome Titanic, ha impregnato molte menti e giornate. Oddio, non è che Ballard e i suoi fossero gli unici a sognare il ritrovamento. Nella schiera dei cacciatori del Titanic, per individuarlo e anche per recuperarlo, c'era pure George Tulloch, un ex concessionario della Bmw del Connecticut che, finanziato dalla televisione Discovery Channel e dalla fabrica di birra Bass Ale (Il relitto contiene 14000 bottiglie di questa birra, che publicità...), aveva investito nel recupero milioni di dollari. Ma Ballard aveva qualche cartuccia in più per riuscire a scalare questo Everest alla rovescia. Intanto la vicinanza geograficaq gli dava la giusta determinazione; in più aveva un'esperienza e familiarità con le tecnologie giuste (quella del Titanic sarebbe stata la sua quarantesima scoperta di relitti subaquei).

titanic20.jpg (19869 byte)
La prua del relitto
 Le ricerche che hanno portato al ritrovamento del Titanic sono iniziate nel 1973. Ballard e i suoi da bordo della nave Knorr, hanno sguinzagliato a lungo negli abissi tutti i gioielli della tecnologia disponibile: l'Alvin, cominciato a usare nel 73, un piccolo batiscafo a 3 posti; l'Angus (una sorta di slitta subaquea) e il suo fratellastro di nome Argo; e anche il Seaprobe, nave dotata di una torre di trivellazione capace di far scendere una capsula fino a 20 metri dal fondo dell'oceano. Una tecnologia promettente ma che, per il cedimento di un tubo, scomparve negli abissi segnando un fiasco e la sospensione per anni di ogni ricerca. La ripresa dell'esplorazione, negli anni Ottanta, avviene con l'appoggio del governo di Washington. L'individuazione del Titanic era stata ammessa tra i punti del programma «Guerre Stellari» di Reagan, in risposta alla teoria di Ballard per la quale «sappiamo molto più della superficie di marte che del fondo dell'oceano». Gli anni di pausa forzata erano serviti per progettare sostanziali miglioramenti tecnologici al piccolo Argo. Ma per questa impresa al limite del possibile, in quanto a tecnologie e a finanziamenti, bisognava trovare un alleato. Ballard lo trovò nei colleghi francesi dell' Ifremer (la compagnia governativa per le esplorazioni sottomarine, che gli italiani hanno poi conosciuto bene perchè implicata, agli inizi degli anni novanta, nel recupero e nei Misteri di Ustica). A essa si deve la creazione di Sar, un sistema sonar affidabilissimo e in grado di sondare anche a profondità proibitive. Il Sar si muoveva sott'acqua, simile a un aquilone alla rovescia, grazie a un cavo lungo più di quattro chilometri. Nell'Agosto del 1985 a bordo della Knorr si dormiva poco: mancavano 12 giorni utili al completamento della ricerca finanziata. Intanto l'Argo perlustrava con sonde e videocamere speciali i fondali e permetteva di integrare le conoscenze dei rilievi subaquei tracciati dal Sar. Per la prima volta i frugatori degli abissi cominciavano ad avere una visione più ampia e documentata dell'area chiamata Canyon Titanic. L'orologio implacabile scandiva il passare del tempo, e la mala sorte sembrava segnare un'ingloriosa fine della ricerca: l'Argo per un attimo finiva incastrato sul fondale e solo grazie a turni di lavoro massacranti si riuscì a disincagliarlo. Quaranta minuti la mezzanotte del 31 agosto 1985, la svolta: «Fino a quel momento avevamo visto sui monitor solo fango e miglia di piatto fondale. In quell'attimo comparvero sul monitor dei frammenti indecifrabili. Tutto il team, in silenzio si avvicinò per scrutare meglio le immagini mandate da Argo. All'improvviso, dal buio, apparve un oggetto grande e rotondo. Presi dall'emozione riguardammo il nastro e vedemmo ben chiara l'immagine: era il cuore del dinosauro, era una delle 29 caldaie del Titanic». Il resto Ballard l'ha raccontato, con le sue parole e con le diapositive azzurrognole rubate agli abissi e integrate dalle illustrazioni di Ken Marshall, il più famoso pittore del Titanic, nelle centinaia di conferenze e nei libri di successo che ha scritto. Dopo tanti anni ritrovato il relitto, monito all'esuberanza umana giace ora finalmente in pace.

robin1.jpg (18198 byte)
Il robottino Alvin all'interno del relitto.
 

boiler01.jpg (18281 byte)
 
La caldaia che segnò il successo dell'impresa di Ballard
 
rel_localuffic.jpg (36692 byte)
 
Alloggi degli Ufficiali
 

piatti01.jpg (21624 byte)
lampada02.jpg (12544 byte)
   
I piatti di porcellana e il lampadario della scalinata
 

titanic28.jpg (13366 byte)
titanic29.jpg (19048 byte)
                        Una scialuppa recuperata dal Carpathia, e la prua del relitto

 La sala da pranzo

Il Titanic era indubbiamente la nave di linea più lussuosa che avesse mai solcato gli oceani.
La sala da pranzo di prima classe aveva una capacità di 500 posti a sedere ed era arredata in stile Giacomo I, con colonne dorate e suppellettili d'argento finemente lavorate. Alcuni locali come le stanze di lettura o da fumo erano in stile georgiano decorate con vetri colorati e con elaborati intarsi di madreperla sui pannelli di mogano delle pareti. La sala da pranzo di seconda classe poteva ospitare 394 passeggeri seduti e, come tutti i locali di questa classe, aveva le pareti decorate con pannelli in legno. Anche gli alloggi di terza classe erano confortevoli. La sala da pranzo era stata costruita con legno di pino verniciato di bianco e i locali collettivi avevano le pareti smaltate di bianco e sedie di teak.Il Titanic era indubbiamente la nave di linea più lussuosa che avesse mai solcato gli oceani.
La sala da pranzo di prima classe aveva una capacità di 500 posti a sedere ed era arredata in stile Giacomo I, con colonne dorate e suppellettili d'argento finemente lavorate. Alcuni locali come le stanze di lettura o da fumo erano in stile georgiano decorate con vetri colorati e con elaborati intarsi di madreperla sui pannelli di mogano delle pareti. La sala da pranzo di seconda classe poteva ospitare 394 passeggeri seduti e, come tutti i locali di questa classe, aveva le pareti decorate con pannelli in legno. Anche gli alloggi di terza classe erano confortevoli. La sala da pranzo era stata costruita con legno di pino verniciato di bianco e i locali collettivi avevano le pareti smaltate di bianco e sedie di teak.